sabato 26 marzo 2016

Napoli - Città incoerente. 
Stradine chiuse e senza luce, viali aperti al mare, bettole improbabili e trattorie normali, bancarelle assurde e negozi chic e alla moda.  Un brulicare di umanità le più disparate, a  tratti disposte omogeneamente e a tratti quasi ordinatamente suddivisi in settori della città.  Metropolitana con stazioni straordinariamente belle, come Toledo, e in genere ordinate e pulite, con treni che arrivano con molta calma, quasi un ossimoro per noi che abbiamo stazioni senz'anima ma treni in rapida successione.
Una città ambivalente, che ti lascia qualcosa di non ben definibile, ammirazione a tratti e disgusto pure.  Dai vetri sporchi del Maschio Angioino si vede il Vesuvio e la storia di questa terra entra nella nostra.  Dalle sale non visitabili per mancanza di personale a Palazzo Reale, come altrove, si intravvedono le figure di re e regine volteggiare beffeggiando noi visitatori che riusciamo ad entrare solo in una minima parte delle loro case.
E in ogni bar persone in genere sorridenti ti servono caffè in tazze bollenti e acqua, e ti dicono che non va bevuta dopo il caffè ma prima e che sì, caffè e tazza sono caldi, ma così dev'essere, perché il caffè è un piacere  e vuole il suo tempo.

domenica 20 marzo 2016


Ed ecco che un susino
bianco sbocciò sul verzicar del grano.
Come un sol fiore gli sbocciò vicino
un pesco, e un altro. I peschi del filare
parvero cirri d'umido mattino.
Uscìano le api. Ed or s'udiva un coro
basso, un brusìo degli alberi fioriti,
un gran sussurro, un favellar sonoro.
Dicean del verno, si facean gl'inviti
di primavera. Per le viti sole
era ancor presto, e ne piangean, le viti,
a grandi stille, in cui fioriva il sole.

(Giovanni Pascoli)